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In occasione della ricorrenza dei Trattati di Roma, Roma e i romani si preparano ad accogliere a braccia aperte i rifugiati politici in arrivo nella Capitale
“La storia insegna, ma non ha scolari” diceva
Antonio Gramsci, e la storia si ripresenta sempre, sotto nuove forme ma con uguali
concetti sostanziali. Ecco perché ringrazio tutti quei cittadini romani che in
questi giorni si stanno battendo contro ideologie e fascismi tipici d’altri
tempi.
Andiamo però con ordine. Il teatro della
vicenda è Monte Arsiccio, Municipio XIV di Roma, dove Prefettura e
Amministrazione Comunale intendono organizzare un centro di accoglienza per
rifugiati politici. Appena trapelata la notizia, Forza Nuova, Fratelli d’Italia
e l’associazione Roma ai romani hanno alzato le barricate al grido di “Roma ai
romani, difendiamo la nostra identità”.
Concetti purtroppo attuali, ma con radici
storiche profonde. Proprio quelle radici che Altiero Spinelli, insieme a
Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, decisero di combattere pubblicando il
Manifesto di Ventotene, un inno per un’Europa libera e unita che, guarda caso,
durante l’esilio forzato imposto dall’allora Governo fascista.
Cosa c’entra Altiero Spinelli con il centro di
accoglienza? Semplice. Come scrivevo prima, la storia si ripresenta sempre, e
stavolta lo fa nella settimana in cui si celebrano i sessant’anni dei Tratti di Roma che istituirono la
Comunità Economi Europea. La data esatta della ricorrenza è il 25 marzo ed è
anche il giorno scelta da diverse associazioni romane per rispondere ai
razzismi, ma soprattutto per allargare le braccia ai nuovi arrivi esprimendo un sano principio: "Siamo umani".
“Un’accoglienza possibile” secondo gli
organizzatori, peraltro, in una zona di Roma a bassissima presenza di cittadini
stranieri (dati ufficiali pubblicati dal Censis).
Quindi, come ha raccontato l’attore Flavio Insinna, “La vera emergenza è la guerra e non chi arriva, quanti ne arrivano o da dove arrivano. Perché in un Paese malato di solitudine e indifferenza, l’unica cura è l’amicizia”.
Quindi, come ha raccontato l’attore Flavio Insinna, “La vera emergenza è la guerra e non chi arriva, quanti ne arrivano o da dove arrivano. Perché in un Paese malato di solitudine e indifferenza, l’unica cura è l’amicizia”.
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