Una settimana fa Matteo Renzi dava le dimissioni da Presidente
del Consiglio dei Ministri in seguito al risultato elettorale del 4 dicembre
che ha bocciato nettamente la riforma più importante della sua attività di
Governo.
Con le dimissioni si sperava di poter tornare al voto quanto
prima, eleggendo un governo con l'unica funzione di svolgere l'ordinaria
amministrazione e favorire la discussione in Parlamento per la nascita di una
nuova legge elettorale. Si sperava anche che il Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella fosse diverso dal suo predecessore e che volesse, quindi,
dare un vero segnale di svolta ascoltando la voce degli elettori.
Ebbene, a distanza di una settimana sembra non essere accaduto
nulla, che non ci sia stato nessun voto e nessun referendum.
In parte è così, perché la crisi dei mercati minacciata dai
sostenitori del sì non si è avverata, ma il discorso è un altro e riguarda la
composizione del Governo.
Il Presidente Mattarella, al termine delle consultazioni,
infatti, ha affidato l'incarico (come prevede la Costituzione) a Gentiloni di
formare il Governo. Se già il nome di Gentiloni faceva pensare a una fotocopia
del Governo Renzi, la certezza è arrivata con la nomina dei
Ministri, pressoché tutti confermati, se non addirittura promossi come nel
caso di Alfano (dal Ministero dell'Interno agli Esteri) e della Boschi (dalle
Riforme a Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio).
Ministri il cui lavoro, tra l'altro, è stato fallimentare:
dalla Riforma della Madia dichiarata parzialmente incostituzionale
alla campagna sul fertility day della Lorenzin, dal fallimento
confermato dai dati Istat del Jobs Act di Poletti fino ai 18 milioni di no
che hanno bocciato la riforma costituzionale studiata dalla Boschi.
Un effetto alquanto strano inoltre, è stato assistere al
giuramento dei Ministri davanti alla Costituzione Repubblicana e Antifascista
che soltanto qualche giorno fa volevano stralciare.
L'aver riconfermato tutto l'esecutivo dell'ex Presidente Renzi
equivale ha un gesto di sfida verso il voto democratico dei cittadini e
significa il 4 dicembre non ha insegnato nulla. Non è stato capito, o forse sì,
che molte delle 18 milioni di persone che hanno votato no alla riforma hanno
espresso un voto soprattutto politico, di forte contrarietà e dissenso
alle politiche attuate negli ultimi anni.
Ecco perché il popolo è stato
nuovamente tradito ed ecco perché la distanza dei cittadini dalla
politica sarà sempre maggiore.