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Il femminicidio in Italia è un fenomeno che riguarda tutti,
uomini e donne, da nord a sud. Anche a Borgosatollo, quest’estate s’è
verificato un episodio di violenza su una donna che dopo essere stata più volte
picchiata dal convivente e grazie all’aiuto delle amiche ha finalmente
denunciato colui che non voleva amarla ma soltanto possederla.
Vista l’importanza che il fenomeno assume in tutta Italia ed
anche a due passi da noi, abbiamo intervistato Celeste Costantino (Deputata di
Sinistra Italiana e componente della Commissione Parlamentare Antimafia) che da
anni si occupa di diritti, cultura tematiche di genere).
Le recenti cronache giornalistiche hanno raccontato molti atti
di violenza sulle donne. Il femminicidio è solo un'emergenza oppure ha radici
culturali precise e profonde?
Parlare di femminicidio non basta più se viene trattato come
atto conclusivo del fenomeno. E non basta invocare la prevenzione, tanto contro
la violenza sulle donne quanto sul bullismo e l'omofobia: la prevenzione
bisogna costruirla, uscendo dall'ottica securitaria, insegnando un'altra
educazione civica. Il Decreto Legge sul femminicidio ha trattato il fenomeno
come una questione emergenziale, scardinandolo dalle radicate convinzioni
culturali che permeano la società italiana: il rifiuto di una donna è
inaccettabile, essa è un oggetto alla mercé dell'uomo.
Esistono ormai diversi studi sulla violenza di genere. Perché
gli uomini picchiano o abusano delle donne?
Alcuni uomini picchiano, abusano e uccidono le donne perché non
ne concepiscono la soggettività e non riescono a comprendere e accettare i
rifiuti. Vedono le donne come oggetti di loro proprietà su cui non possono
perdere il controllo. E questo ha sicuramente a che fare con l'educazione del
maschio che, perdendo il controllo sulla donna che ha a fianco o che molesta,
crede di perdere il controllo della propria vita. Gli uomini violenti non
accettano un no come risposta.
Sei prima firmataria di una proposta di legge che si chiama
"Un'ora d'amore". Cosa prevede?
La PDL, che si chiama Proposta di legge per l'introduzione
dell'educazione sentimentale nelle scuole, poi sostenuta dalla campagna
1oradamore per una sua veloce calendarizzazione in Aula (e che solo nei primi
due giorni dalla sua pubblicazione sulla piattaforma change ha raccolto
migliaia di firme), introduce un'ora specifica condotta da corpo docente
adeguatamente formato, nelle attività didattiche dedicata alla comprensione di
sé e delle proprie emozioni, perché comprenderle e saperle affrontare consente,
soprattutto nella fase adolescenziale quando si forma il carattere e si
iniziano a fissare i comportamenti sociali, un aumento delle capacità di
comunicare e il potenziamento dell’apprendimento cognitivo. Un'ora d'amore a
scuola perché oggi gli stereotipi maschili e femminili invadono il quotidiano
sia in ambito pubblico che privato, e la scuola ha la possibilità di fornire
gli strumenti per una lettura paritaria, per ristabilire un equilibrio delle
immagini fornite dai mass media, schiacciate sulla mercificazione del corpo
femminile. I ragazzi e le ragazze si abituano a una visione inflessibile dei
ruoli sessuali, un'impostazione così assoluta da sfociare anche in forme di
bullismo nei confronti di chi non rientra in questo schema. Noi oggi abbiamo
una grande possibilità, quella di fornire gli strumenti per un nuovo modello di
cittadinanza, anche rispetto ai nuovi cittadini di questo paese. E benché
esistano esempi di autonomi progetti scolastici sul tema, è importante fare una
legge che miri a fare di essi un virtuoso modello nazionale.
L'educazione all'affettività è prevista anche dalla Convenzione
di Istanbul votata nel 2013. A che punto siamo, oggi, in Italia?
Dopo tre anni, la mia proposta
sull'introduzione dell'educazione sentimentale nelle scuole è approdata in commissione
cultura. Abbiamo audito varie realtà che si occupano di portare avanti progetti
sull'educazione di genere nelle scuole, dall'asilo ai licei, dalle case
editrici ai centri antiviolenza, realtà che anni hanno contribuito alla
formulazione della mia proposta. Il prossimo passo, se il governo dimostrerà di
avere davvero una volontà politica sull'argomento, sarà calendarizzata e
discussa in Aula, insieme a proposte simili alla mia. Quello che proponiamo è
un diritto scritto nella Convenzione di Istanbul, ratificata all'unanimità in
Parlamento, che chiede agli Stati di introdurre l'educazione all'affettività
negli ordinamenti scolastici. In Europa è una realtà, in Italia siamo ancora in
ritardo.
Cosa possiamo fare noi, tutti i giorni, per provare ad evitare
che accadano certi episodi?
Interrogarci e non dare niente per
scontato. Esistono delle convinzioni e delle convenzioni che persistono anche
in coloro che si credono intoccabili dal fenomeno. Partire dall'educazione dei
più piccoli, affinché crescano disinnescando questa cultura del possesso. Ma
soprattutto vigilando sull'operato della politica, che ha il compito preciso di
fornire nuovi strumenti critici e didattici alle nuove generazioni per
affrontare la vita.
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