"Questa non è una storia del calcio femminile, questa è una storia al femminile del calcio... e un po' anche del mondo."
Inizia così il libro contro le discriminazioni del calcio in rosa dal titolo volutamente ironico e al tempo stesso provocatorio "Giocare con le tette". Il libro è stato curato da Milena Bertolini, allenatrice del Brescia Calcio Femminile pluricampione in Italia, Presidente della Fondazione per lo sport del Comune di Reggio Emilia, membro della segreteria nazionale dell'A.I.A.C. (Associazione Italiana Allenatori Calcio) e per ben cinque volte panchina d'oro. Un dono più che un libro che la Fondazione ha trovato un giorno nella cassetta della posta come un qualsiasi pacco, con la differenza, però, di una precisa richiesta: "Per il 26 maggio, pubblicatelo". La fondazione ha così accolto il regalo proprio in vista della finale femminile di Champions League del 26 maggio e ha accettato l'invito di pubblicazione da parte dell'anonimo/a autore/rice.
Giocare con le tette è un testo interessante che racconta e porta a memoria la nascita delle prime squadre italiane di calcio femminile e degli ostracismi ai quali le donne dovevano far fronte. L'anonimo/a scrittore/rice paragona la situazione di quelle donne con le atlete di oggi chiedendosi se davvero qualcosa sia cambiato. Certo, alcuni passi sono stati fatti, ma ciò che non è mutato è il modo di pensare e concepire il ruolo della donna nello sport e nella società. Dal Guido Ara pensiero: "Il calcio non è uno sport per signorine" del forse non troppo lontano 1909, fino alle esternazioni dei giorni nostri di alcuni tra i massimi esponenti calcistici: "Basta dare soldi a queste quattro lesbiche" (Felice Belloli, ex Presidente Lnd) e "Pensavamo che le donne fossero un po' handicappate rispetto agli uomini" (Carlo Tavecchio, Presidente FIGC). Il libro spiega come l'uomo, dall'epoca dell'antica Roma fino a oggi, abbia sempre avuto un ruolo predominate all'interno della società. Non può essere un caso, quindi, che nei paesi del nord Europa o in Francia e in Germania dove il calcio femminile è più sviluppato e anche professionistico, le donne godano di maggiore emancipazione e rilevanza sociale.
Secondo l'anonimo/a scrittore/rice, il calcio non è solo uno sport, ma anche un indicatore che evidenzia come il nostro concetto di cittadinanza e democrazia sia ancora arretrato. Nel secolo scorso, sia nell'era fascista, sia in quella successiva repubblicana, nonostante la parità tra i sessi stabilita dalla Costituzione, il potere è sempre rimasto in mano agli uomini a eccezione di qualche raro caso.
Il libro edito da Aliberti Editore è poi impreziosito dalla prefazione del giornalista Antonio Padellaro e da una postfazione curata da Elisabetta Reguitti con un'intervista a Carlo Ancelotti.
Ho letto con piacere il libro "Giocare con le tette" perché mi ha dato la conferma di quanto sostengo da anni, vale a dire che il calcio femminile, più di ogni altra attività sportiva praticata da donne, è uno sport rivoluzionario perché non solo si scontra con il pensiero dominante che vede nell'uomo l'essere forte della specie, ma anche perché mette in discussione anni di teorie secondo le quali le donne non hanno pari abilità dei maschi.
Con questo libro la discussione è aperta. Ora speriamo che venga letto dalle menti che guidano le federazioni sportive con la speranza di riuscire a fare breccia nei loro pensieri.
Secondo l'anonimo/a scrittore/rice, il calcio non è solo uno sport, ma anche un indicatore che evidenzia come il nostro concetto di cittadinanza e democrazia sia ancora arretrato. Nel secolo scorso, sia nell'era fascista, sia in quella successiva repubblicana, nonostante la parità tra i sessi stabilita dalla Costituzione, il potere è sempre rimasto in mano agli uomini a eccezione di qualche raro caso.
Il libro edito da Aliberti Editore è poi impreziosito dalla prefazione del giornalista Antonio Padellaro e da una postfazione curata da Elisabetta Reguitti con un'intervista a Carlo Ancelotti.
Ho letto con piacere il libro "Giocare con le tette" perché mi ha dato la conferma di quanto sostengo da anni, vale a dire che il calcio femminile, più di ogni altra attività sportiva praticata da donne, è uno sport rivoluzionario perché non solo si scontra con il pensiero dominante che vede nell'uomo l'essere forte della specie, ma anche perché mette in discussione anni di teorie secondo le quali le donne non hanno pari abilità dei maschi.
Con questo libro la discussione è aperta. Ora speriamo che venga letto dalle menti che guidano le federazioni sportive con la speranza di riuscire a fare breccia nei loro pensieri.
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