E'
successo ancora, per l'ennesima volta ha vinto l'ostentazione del potere
mafioso permesso dal consenso sociale conferito da una minoranza di cittadini.
Stavolta l'inchino della statua davanti alla casa del boss locale è avvenuto a
San Michele di Ganzaria, nel catanese. Durante la processione del venerdì
santo, la statua del Cristo morto, sorretta da una ventina di persone e
accompagnata da circa alter cento, ha improvvisamente cambiato percorso
dirigendosi in piazza Monte Carmelo, dove si trova la casa del boss mafioso
Francesco La Rocca, detenuto in regime di 416 bis.
La
maggior parte dei manifestanti, per fortuna, non ha seguito il cambio di
percorso così come il Sindaco, il parroco e il comandante della stazione dei
carabinieri che hanno manifestato immediatamente il proprio sdegno.
Le
feste religiose rappresentano un momento fondamentale per Cosa Nostra perché
attraverso di esse, l'organizzazione mostra pubblicamente la sua forza,
superiore a quella di Dio. Non tutti, per esempio, possono portare la statua,
così come non tutti hanno la possibilità di avvicinarsi. Questi permessi
sono concessi dal comitato organizzatore della festa che molte volte è
composto di persone legate alle famiglie mafiose se non addirittura
imparentate.
La
forza intimidatrice della mafia arriva fin qua. E se un prescelto da Cosa
Nostra non è nominato all'interno del comitato, poco importa perché
misteriosamente avverrà la rinuncia di qualche altro cittadino.
Per Cosa Nostra questi momenti sono inoltre fondamentali per far aumentare la sudditanza psicologica nei propri affiliati e per accrescere il consenso sociale.
E' in
queste occasioni, e anche in altre, che la Chiesa dovrebbe agire e seguire le
parole tanto decantate di Papa Francesco, allontanando dai comitati
organizzatori tutte quelle persone legate alle cosche mafiose o con precedenti penali
gravi.
La
Chiesa rappresenta, nel bene e nel male, un'istituzione che raccoglie milioni
di persone, quindi non può non combattere questa battaglia. Deve dare
l'esempio, come tanti parroci hanno fatto o ancora fanno.
Per
combattere la mafia occorre non solo reprimerla, ma anche togliergli il terreno
fertile attorno affinché averci a che fare diventi sconveniente. Per fare ciò bisogna rispolverare e tener ben in memoria le semplici parole, e purtroppo ancora attuali, di Giovanni Falcone: "E' tempo di andare avanti, non più confidando sull'impegno straordinario di pochi, ma con l'impegno ordinario di tutti."