Il disastro di Marcinelle fu la più grande tragedia mineraria d'Europa e la terza per numero di vittime nella storia dei minatori italiani emigrati. Un incidente che provocò la morte di 262 operai, provenienti da 12 stati diversi, su un totale di 275 persone che lavoravano all'interno della miniera. Più della metà dei minatori, 136 persone, erano italiani, il più giovane ne aveva 14 e il più anziano 53.
La miniera di carbone, denominata Bois du Cazier, era situata a Marcinelle, nei pressi di Charleroi, in Belgio.
Nei primi anni del dopoguerra tanti italiani emigravano all'estero in cerca di lavoro e molti si dirigevano proprio in Belgio per andare a lavorare nelle miniere di carbone. La numerosa emigrazione verso il Belgio è dovuta anche a un accordo bilaterale stipulato il 23 giugno 1946 tra l'Italia e il Belgio che prevedeva la fornitura di manodopera in cambio di carbone.
I cittadini belgi erano consapevoli dei rischi e della pericolosità di lavorare in miniera perciò i minatori belgi erano pochi, tanto da costringere il Governo a importare manodopera straniera e fu così che iniziarono i contatti con il Governo italiano. L'Italia organizzava l'emigrazione di 50 mila lavoratori, in cambio il Belgio s'impegnava a vendere all'Italia un minimo di 2500 tonnellate di carbone ogni 1000 operai.
Lo Stato italiano avviò così una campagna pubblicitaria per promuovere il lavoro in miniera in Belgio elencando vantaggi sui salari, sulle vacanze e sugli assegni familiari ma senza citare i rischi ai quali sarebbero stati sottoposti.
Nel 1946 arrivano in Belgio 24.653 italiani; nel 1947 altri 29.881, toccando l’apice nel 1948 con 46.365 unità. Il fenomeno subisce una frenata nei due anni successivi per poi riprendere nel 1951 e 1952. Se nel 1950 dalle Marche partirono per il Belgio 57 persone, nel 1951 ne partirono 1700 e l’anno successivo 1430. In totale i convogli diretti in Belgio furono 303 e trasportarono 140.105 lavoratori, 17.403 donne e 28.961 bambini.
L'Italia usciva dalla Seconda Guerra mondiale come paese sconfitto, con l'economia al collasso così pur di risollevare l'industria decise di svendersi per un "sacco di carbone" (espressione usata dai minatori). Le condizioni di lavoro che trovarono gli italiani una volta giunti in Belgio non erano di certo quelle che si pensava potessero essere prima della partenza ma nessuno sembrava farci molto caso finchè non accadde la catastrofe di Marcinelle.
L'8 agosto 1956 un operaio azionò un ascensore mentre stava salendo un montacarichi e fu tranciato un tubo di petrolio dal quale divampò un enorme incendio che fece salire una nube nera sopra la miniera.
Al termine del processo, i proprietari della miniera furono assolti e la responsabilità della tragedia fu attribuita all'operaio italiano, anche lui morto, che commise un'errata manovra di un carrello. Dopo l'accaduto, il Governo italiano mise fine all'accordo con il Belgio.
I 136 minatori che morirono a Marcinelle erano semplici cittadini in cerca di lavoro che loro malgrado sono diventati un simbolo dell'emigrazione italiana all'estero.
La miniera di carbone, denominata Bois du Cazier, era situata a Marcinelle, nei pressi di Charleroi, in Belgio.
Nei primi anni del dopoguerra tanti italiani emigravano all'estero in cerca di lavoro e molti si dirigevano proprio in Belgio per andare a lavorare nelle miniere di carbone. La numerosa emigrazione verso il Belgio è dovuta anche a un accordo bilaterale stipulato il 23 giugno 1946 tra l'Italia e il Belgio che prevedeva la fornitura di manodopera in cambio di carbone.
I cittadini belgi erano consapevoli dei rischi e della pericolosità di lavorare in miniera perciò i minatori belgi erano pochi, tanto da costringere il Governo a importare manodopera straniera e fu così che iniziarono i contatti con il Governo italiano. L'Italia organizzava l'emigrazione di 50 mila lavoratori, in cambio il Belgio s'impegnava a vendere all'Italia un minimo di 2500 tonnellate di carbone ogni 1000 operai.
Lo Stato italiano avviò così una campagna pubblicitaria per promuovere il lavoro in miniera in Belgio elencando vantaggi sui salari, sulle vacanze e sugli assegni familiari ma senza citare i rischi ai quali sarebbero stati sottoposti.
Nel 1946 arrivano in Belgio 24.653 italiani; nel 1947 altri 29.881, toccando l’apice nel 1948 con 46.365 unità. Il fenomeno subisce una frenata nei due anni successivi per poi riprendere nel 1951 e 1952. Se nel 1950 dalle Marche partirono per il Belgio 57 persone, nel 1951 ne partirono 1700 e l’anno successivo 1430. In totale i convogli diretti in Belgio furono 303 e trasportarono 140.105 lavoratori, 17.403 donne e 28.961 bambini.
L'Italia usciva dalla Seconda Guerra mondiale come paese sconfitto, con l'economia al collasso così pur di risollevare l'industria decise di svendersi per un "sacco di carbone" (espressione usata dai minatori). Le condizioni di lavoro che trovarono gli italiani una volta giunti in Belgio non erano di certo quelle che si pensava potessero essere prima della partenza ma nessuno sembrava farci molto caso finchè non accadde la catastrofe di Marcinelle.
L'8 agosto 1956 un operaio azionò un ascensore mentre stava salendo un montacarichi e fu tranciato un tubo di petrolio dal quale divampò un enorme incendio che fece salire una nube nera sopra la miniera.
Al termine del processo, i proprietari della miniera furono assolti e la responsabilità della tragedia fu attribuita all'operaio italiano, anche lui morto, che commise un'errata manovra di un carrello. Dopo l'accaduto, il Governo italiano mise fine all'accordo con il Belgio.
I 136 minatori che morirono a Marcinelle erano semplici cittadini in cerca di lavoro che loro malgrado sono diventati un simbolo dell'emigrazione italiana all'estero.
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