Giorgio Cremaschi, Presidente del Comitato Centrale della FIOM, racconta che un industriale torinese, qualche anno fa, ripeteva ad ogni assemblea dell’Unione industriali che bisognava abolire l’articolo 18, perché voleva in mano una pistola con il colpo in canna. L'imprenditore diceva che non era sua intenzione utilizzarla perché non amava licenziare, ma i lavoratori dovevano sapere che quella pistola ce l’aveva. Questo aneddoto sta diventando realtà grazie alla riforma del mercato del lavoro proposta, o forse imposta visto il poco dialogo con le parti sociali e i sindacati, dal Ministro "tecnico" del Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero. Anche in questo caso, noi cittadini italiani siamo vittime della manipolazione dell'informazione che il Governo e molte testate giornalistiche stanno portando avanti. Vogliono farci credere che in Italia il licenziamento sia impossibile, anche quando un'azienda è in grosse difficoltà economiche. La tecnica utilizzata è ripetere una bugia infinite volte affinché diventi verità. Il Governo sostiene che in Italia non si verificano più discriminazioni sul posto di lavoro. Questa è una grandissima bugia, basti pensare a quanto sta accadendo in molte fabbriche italiane. Una situazione gravissima, per esempio, è quella che stanno vivendo Giovanni, Antonio e Marco, i tre lavoratori della fabbrica Fiat Sata di Melfi. Come scrissi il 24 febbraio sul mio blog, i tre operai furono licenziati senza giustificato motivo in seguito ad uno sciopero aziendale. Al termine di una vicenda durata quasi due anni, la Corte d'Appello ha recentemente dichiarato che i lavoratori dovevano essere reintegrati sul posto di lavoro perchè erano stati licenziati senza giustificato motivo. Riammessi in azienda proprio grazie all'articolo 18 dello statuto dei lavoratori che prevede il reintegro nei casi di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, non sono ancora tornati a svolgere il loro lavoro perché l’azienda torinese non intende riassumere i tre operai. Dopo questo lampante esempio, e molti altri che avrei potuto citare, si continua a dire che in Italia non esistono casi discriminazione sul posto di lavoro e che licenziare è quasi impossibile. L'aspetto più grave dell'abolizione dell'articolo 18 riguarda proprio il reintegro sul posto di lavoro. Se passerà la riforma del Ministro Fornero, un lavoratore potrà essere licenziato senza un valido motivo e non potrà essere reintegrato sul posto di lavoro. In caso di licenziamento economico, ovvero quando il datore di lavoro decide di sopprimere determinate attività aziendali per far fronte ai costi gestionali dell’azienda, il lavoratore percepirà solo un'indennità tra 15 e 27 mensilità e poi dovrà cercare una nuova occupazione in un mercato del lavoro precario e ancora in forte crisi. Su questo fronte si è fortunatamente aperto uno spiraglio. Ieri infatti, Monti & Co. (Bersani, Alfano e Casini, leader dei partiti che sostengo l’attuale Governo tecnico) hanno raggiunto un accordo che prevede la reintroduzione del diritto al reintegro sui licenziamenti economici palesemente illegittimi. La speranza è che l'intesa sul reintegro venga scritta definitivamente nero su bianco. Senza l'articolo 18 ogni imprenditore potrà dar sfogo alla propria fantasia licenziando i lavoratori che ritiene "scomodi" inventandosi qualsiasi motivazione. Un elemento che ci riporta indietro nel tempo, prima del 1970, quando ancora lo statuto dei lavoratori non esisteva; uno statuto nato proprio per tutelare la dignità dei lavoratori e la libertà dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro. Il Governo ritiene che per uscire dalla crisi sia necessario rendere il licenziamento più semplice. I veri problemi, che però non vengono affrontati nella riforma, sono creare nuovi posti di lavoro, investire per un nuovo modello di sviluppo e soprattutto cercare di eliminare l'elevatissima precarietà. In merito a quest'affermazione, vorrei segnalarvi un passaggio dell'appello dei giuristi a difesa dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori: "la verità è che non esiste un vero collegamento tra la ripresa produttiva e la libertà di licenziare, e forte è quindi il timore che il "governo tecnico", approfittando della crisi economica, possa dare attuazione ad un antico progetto di riassestamento del potere nei luoghi di lavoro, che per essere esercitato in modo sovrano mal tollera l'esistenza di norme di tutela dei lavoratori dagli abusi". L'abolizione dell'articolo 18 nega la libertà di ogni lavoratore. L'imprenditore potrà usare questa "pistola con il colpo in canna" per intimidire i dipendenti, i quali, se non vorranno essere licenziati o se semplicemente coltivano il legittimo desiderio di un prolungamento del contratto a tempo determinato, non potranno protestare per i disagi sul posto di lavoro, dai problemi di sicurezza al non pagamento delle ore straordinarie. E' chiaro quindi che la presenza di tale norma limita fortemente il potere dei padroni all'interno dei posti di lavoro. Lo scopo dell’articolo 18 è proprio questo: sanzionare il comportamento illegittimo del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori, ripristinando lo status che precedeva il licenziamento. Concludo accogliendo e diffondendo l'appello di Maurizio Landini, Segretario Generale della FIOM, il quale invita tutti i cittadini ad essere presenti e a scendere in piazza insieme alle lavoratrici ed ai lavoratori per provare a costruire un nuovo futuro, diverso da quello che il Governo Monti sta disegnando. E' moto importante lottare insieme perché questi temi non riguardano solo le persone che lavorano ma siamo di fronte a diritti di civiltà che riguardano anche i giovani e tutte quelle persone che un lavoro ancora non ce l'hanno.
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