Si è concluso nel migliore dei modi il ricorso presentato dalla Fiom presso la Corte d’Appello di Potenza in difesa dei tre operai che furono licenziati nell’estate 2010 con l’accusa di aver bloccato i processi produttivi della fabbrica durante uno sciopero interno.
La vicenda risale a luglio 2010 quando in seguito ad uno sciopero interno allo stabilimento di Melfi, tre lavoratori - Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli – furono accusati dalla Fiat di aver ostacolato un carrello causando un blocco produttivo e impedendo quindi lavorativa anche ai colleghi che non avevano aderito allo sciopero. Dopo un breve periodo di sospensione, i tre lavoratori (di cui due iscritti alla FIOM) vengono definitivamente licenziati dall’azienda.
Il 10 agosto 2010, il giudice di primo grado reputò antisindacale il provvedimento preso dall’azienda che violava l’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, il quale sanziona la repressione della condotta antisindacale da parte del datore di lavoro. La sentenza del giudice stabilì quindi il reintegro nello stabilimento di Melfi dei tre licenziati.
La Fiat però si oppose dichiarando di avere prove inconfutabili sulla dinamica dei fatti avvenuti il giorno dello sciopero e l’11 agosto 2010 presentò il ricorso.
Dopo la sentenza del giudice del lavoro, i tre operai rientrarono in fabbrica ma non al loro abituale posto di lavoro ma in una stanzetta sindacale. L’azienda vietò ai tre operai l’accesso alla catena di montaggio ma gli concesse la possibilità di svolgere la loro attività sindacale all’interno dello stabilimento (relegati in una stanzetta). L’azienda dichiarò inoltre di non darsi dei lavoratori reintegrati, intendendo di non avvalersi delle loro prestazioni lavorative ma rispettare gli obblighi contrattuali fino al 6 ottobre 2010.
La vicenda prosegue poi fino al 14 luglio 2011 quando il ricorso della Fiat fu accettato e i lavoratori furono così licenziati.
Fortunatamente c’è il lieto fine e dopo quasi due anni senza la possibilità di lavorare, la Corte d’Appello ha confermato il comportamento antisindacale della FIAT e ha accolto il ricorso della FIOM, ordinando alla Fiat il reintegro tre metalmeccanici licenziati nell’estate 2010, grazie anche all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ritenendo che il licenziamento non sia avvenuto per giusta causa.
La Fiat, senza commentare la sentenza, ha annunciato il ricorso in Cassazione.
Secondo Maurizio Landini, segretario generale FIOM, in un’intervista rilasciata al CorriereTV, si tratta del ripristino di una giustizia che era stata negata, viene applicato lo Statuto dei Lavoratori e conferma come lo statuto è importante per difendere la libertà delle persone.
I tre lavoratori - Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli – invece, accolti da applausi dei loro colleghi presenti fuori dal Tribunale, commossi dalla sentenza, hanno dichiarato di voler soltanto tornare a lavorare.
La vicenda risale a luglio 2010 quando in seguito ad uno sciopero interno allo stabilimento di Melfi, tre lavoratori - Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli – furono accusati dalla Fiat di aver ostacolato un carrello causando un blocco produttivo e impedendo quindi lavorativa anche ai colleghi che non avevano aderito allo sciopero. Dopo un breve periodo di sospensione, i tre lavoratori (di cui due iscritti alla FIOM) vengono definitivamente licenziati dall’azienda.
Il 10 agosto 2010, il giudice di primo grado reputò antisindacale il provvedimento preso dall’azienda che violava l’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, il quale sanziona la repressione della condotta antisindacale da parte del datore di lavoro. La sentenza del giudice stabilì quindi il reintegro nello stabilimento di Melfi dei tre licenziati.
La Fiat però si oppose dichiarando di avere prove inconfutabili sulla dinamica dei fatti avvenuti il giorno dello sciopero e l’11 agosto 2010 presentò il ricorso.
Dopo la sentenza del giudice del lavoro, i tre operai rientrarono in fabbrica ma non al loro abituale posto di lavoro ma in una stanzetta sindacale. L’azienda vietò ai tre operai l’accesso alla catena di montaggio ma gli concesse la possibilità di svolgere la loro attività sindacale all’interno dello stabilimento (relegati in una stanzetta). L’azienda dichiarò inoltre di non darsi dei lavoratori reintegrati, intendendo di non avvalersi delle loro prestazioni lavorative ma rispettare gli obblighi contrattuali fino al 6 ottobre 2010.
La vicenda prosegue poi fino al 14 luglio 2011 quando il ricorso della Fiat fu accettato e i lavoratori furono così licenziati.
Fortunatamente c’è il lieto fine e dopo quasi due anni senza la possibilità di lavorare, la Corte d’Appello ha confermato il comportamento antisindacale della FIAT e ha accolto il ricorso della FIOM, ordinando alla Fiat il reintegro tre metalmeccanici licenziati nell’estate 2010, grazie anche all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ritenendo che il licenziamento non sia avvenuto per giusta causa.
La Fiat, senza commentare la sentenza, ha annunciato il ricorso in Cassazione.
Secondo Maurizio Landini, segretario generale FIOM, in un’intervista rilasciata al CorriereTV, si tratta del ripristino di una giustizia che era stata negata, viene applicato lo Statuto dei Lavoratori e conferma come lo statuto è importante per difendere la libertà delle persone.
I tre lavoratori - Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli – invece, accolti da applausi dei loro colleghi presenti fuori dal Tribunale, commossi dalla sentenza, hanno dichiarato di voler soltanto tornare a lavorare.
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